"IL CAVALLINO DAL MANTELLO D’ORO"
"Pronto,
parlo con Daniele Calarco?"
"Si"
"E' il figlio di Rosangela Ramelli?"
"Si"
"Mi dispiace
informarla che alle 3:30 am sua madre è deceduta per complicanze
respiratorie"
Erano le 4:51,
chiusi il telefono e da quel momento, in una parte di me, sarei stato per
sempre solo.
Perché non
sono stato abbastanza. Non abbastanza
uomo da costringerti a essere aiutata e non abbastanza figlio da poterti
salvare.
Forse non sono
quella persona che pensavo di essere.
Possa
qualsiasi Dio esista perdonarmi. Ho molta strada da fare per diventare ciò’ che
avrei voluto già’ essere.
Arriverà il
giorno in cui mi inginocchierò a te per chiederti perdono. Perdono per essere
stato il figlio che hai cresciuto.
06/12/22
Se potessi ti suonerei questi pensieri con quella chitarra che volevi studiassi, ma che poi non ho mai imparato. Facciano finta che quella chitarra non l' abbia venduta e che oggi possa essere bravo a suonare melodie dolci come carezze e vere come quegli sguardi occhi negli occhi solo nostri e sempre nostri
14/09/23
“ lungo i pascoli del ciel cavallino va…Tutto
d’oro il suo mantel nell’immensità…” Non sei mai stata banale, in nessuna
scelta. Anche la ninna nanna che mi cantavi è speciale. Una poesia di Renato
Rascel.
Quando “sento freddo” e sono impaurito è a questo
che penso.
Se ora hai paura, se ora hai freddo, pensa a
questo. In qualche modo, da qualche parte, saremo ancora insieme
25/12/23
Che ne sanno gli altri. Che ne sanno di noi.
Piange il bambino che ancora non capisce, li ascolta e si lascia lacerare.
Grida l’uomo della scelta. Vivo insieme al dubbio che mi respira dentro.
Convivo con demoni che violentano l’anima.
15/02/24
Come una poesia lasciata a metà, cerco
parole tra pieghe di vestiti stropicciati e sospiri di innamorati. Le cerco
ovunque, perché è lì che potresti avermele lasciate. Le riconoscerò in qualche
modo, per gli altri saranno solo orfani dettagli, ma per me saranno versi. Ne
farò per te magia.
Di solito so usare le parole. Faccio in modo che loro
scelgano me. Di solito. Ma non ora. C'è troppo caos per sentire, troppo rumore
per ascoltare Sono due anni che sono bloccato in questo limbo, e nulla credo
ormai cambierà. Credo che questa roba si chiami “elaborazione del lutto” e non
cercherò di controllare quello che sento. Non più. Lascerò che mi attraversi e
che esca come vuole lui.
Ed eccomi qui con te in cameretta. Tu che accarezzandomi mi spieghi le la vita. Carezze che sussurrano lezioni giocando a nascondino con favole. Ed ecco che ora sono in cucina. Finalmente insieme dopo mesi. Tu con il grembiule da cuoca che mantechi una gigantesca pentola di linguine con le vongole. Veraci. Veraci come te. Era il tuo benvenuto, era il tuo amore.
Poi eccomi a tenerti la mano in ospedale. Tu che
sei chissà dove e io che ti cerco. Voglio trovare ancora te in te, ma non ti vedo. Sei ancora te, ma non lo sei più.
Di nuovo indietro nel tempo. A villa borghese che
mi tieni la mano sul pony. Poi eccoti ad Amsterdam con Papà. Vi vengo a
prendere in aeroporto. Mentre aspetto vedo la gente che si abbraccia e piange,
poi arrivate voi e tutto si unisce. Piango, ti abbraccio e mi sento a casa.
Delle volte è
un sasso che mi porta giù nel mare, delle altre volte è amore che mi fa volare.
Sono strattoni improvvisi, flash di irriverenti paparazzi in agguato. Mi piace
pensare che quando capiti sia una specie di connessione tra dove sei tu e dove
sono io. Certamente sei ancora da qualche parte. Ti sento e so che tu senti me.
Siamo energia zingara.
Continuo ad agire cercando la tua approvazione.
Continuo a cercarti in rubrica. Continuo a cercare di renderti orgogliosa. Sei
importante, ti porto dentro con me.
Facciamo che
questo tempo non esista. Facciamo che non esistano regole. Facciamo che sono
tornato bambino nel letto della cameretta. Te che intoni la canzoncina del
cavallino dal mantello d’oro e io che riesco ancora a vederlo. Facciamo che ci sia un
appuntamento tutto nostro strappato a questo destino che d’improvviso è
diventato assassino. Eccomi a te, sono un uomo ora ma ti prego canta ancora per
me. Io quel cavallino lo voglio ancora vedere…
Mamma, ti devo
parlare, forse lo sai già e questo momento lo stavi aspettando da ovunque tu
sia ora. Forse hai sentito le mie mute grida, la notte, prima di addormentarmi.
Scusa se sono stato l’uomo che mi hai insegnato a essere. Scusa se ho usato la
ragione e non la pancia…proprio con te che sei al di la della mente. Scusa se
mi sono trovato piccolo piccolo, impaurito ed egoista. Scusa se non sono stato
abbastanza gigante al tuo cospetto.
Facciamo che
mi stai guardando negli occhi ora. Facciamo che ci stiamo stringendo forte
forte mentre fuori piove ancora. Facciamo che io inciampi in un'altra
possibilità. Facciamo che sei a casa malata. La coperta rossa che ti tiene al
caldo. Facciamo che ti tengo la mano mentre te ne vai via. Facciamo che ti
canto del cavallino lungo i pascoli del cielo. Ti prego dimmi che è possibile
perché non so se posso aspettare un’altra vita per farlo. Facciamo anche che mi
dici che sono un cretino a pensare tutto questo casino e che sei orgogliosa
delle scelte che ho fatto.
E ora che sei
libera facciamo che in questo “adesso” tutto possa accadere. Fai di me ancora
il bimbo a cui spiegavi la vita, accarezzami il capo chino sulle tue ginocchia,
concedimi ancora una volta quell’amore incondizionato e senza giudizio che solo
una mamma sa dare.
Portami via
con te “lungo i pascoli del ciel...”